LA CHIESA DEI GRECI „L’ANNUNCIAZIONE”
La chiesa dedicata all’ „Annunciazione”, detta anche la „chiesa dei greci” è stata costruita alla fine del XVIII secolo, essendo una delle quattro chiese costruite per i romeni nella Città di Sotto, in questo secolo. Tra i fondatori ci sarebbe il nome del sacerdote Nicolae Raţ, l’ultimo confessore di Horea e Closca. Il termine di „chiesa dei greci” rimanda al contributo dei mercanti aromeni alla costruzione della chiesa. Si è menzionato nei documenti la qualità di chiesa „non unita”, cioè ortodossa, a differenza dei luoghi di culto greco-cattolici. In quei tempi, i termini più comuni per identificare l’ortodossia o il greco – cattolicesimo erano „non uniti” / „uniti”. Sembra che il motivo per cui la chiesa è stata costruita fosse il fatto che la chiesa di Lipoveni, che è appartenuta agli ortodossi fino al 1760, fosse stata presa dai greco-cattolici. Al momento della costruzione la chiesa si trovava nella periferia della città, in campo, circondata dal cimitero. Man mano che sono state costruite delle case nuove e la città si è estesa, il luogo di culto è arrivato in una posizione centrale.
Il piano dell’edificio è di una chiesa-nave, con un’abside circolare e una torre a due entrate. A differenza delle altre chiese romene della Città di Sotto, la torre non dà la stessa impressione di grandezza, essendo in piena armonia con il corpo della chiesa.
All’interno, c’è una immagine insolita su una delle porte diaconali, con l’arcidiacono Stefano che presenta il modello della chiesa.
L’edificio ha beneficiato di diverse campagne di restauro, soprattutto nel corso del XX secolo, ma non hanno alterato la sua struttura e l’aspetto. La pittura attuale risale alla metà del XX secolo, ma ci sono alcune aree, come l’abside dell’altare, dove sono visibili le sequenze della pittura del XIX secolo, realizzata da Simion Silaghi. L’iconostasi è grandiosa, con tipici elementi barocchi.
Del patrimonio della chiesa del XVIII secolo si conservano oggetti preziosi: tre candele d’argento del 1786, libri di culto della fine del secolo, con i primi appunti dei donatori, nonché l’atto della donazione del 1799, l’icona reale datata 1793, dipinta da Simion di Balgrad, altre icone del XVIII secolo e della prima parte del XIX secolo, e anche un epitaffio impressionante lavorato in filo di seta del XIX secolo.
Nel cortile della chiesa ci sono alcuni monumenti funerari, alcuni molto vecchi.
Consulente scientifico: Dr. Tudor Roșu, storico
Materiale tradotto da: Camelia Augusta Roșu
La „Chiesa dei greci” è uno dei quattro luoghi di culto dei romeni della „Città di Sotto” del XVIII secolo. Il nome di „Chiesa dei greci” rimanda al contributo dei commercianti non romeni per la costruzione della chiesa. Tra i fondatori vi è anche il sacerdote Nicolae Raț, l’ultimo confessore di Horea e Cloșca. Nei documenti viene menzionata anche la qualità di chiesa “non unita”, vale a dire di chiesa ortodossa, a differenza della chiesa greco-cattolica. La necessità della costruzione del luogo di culto è collegata al fatto che nel 1760 la Chiesa ortodossa del attuale quartiere Lipoveni venne presa dai greco-cattolici.
Alla fine del XVIII secolo, al momento della costruzione, la „Chiesa dei greci” si trovava alla periferia della città di Alba Iulia, nel campo. Man mano che vennero costruite delle case nuove e la città si estese, il luogo di culto arrivò in una posizione centrale.
La pianta dell’edificio è di una chiesa a sala. La torre con i due ingressi si distingue dalle torri delle altre chiese ortodosse della Città di Sotto, in quanto non dà l’impressione di robustezza, ma di piena armonia con il corpo della chiesa.
All’interno, su una delle porte dell’altare, vi è un’immagine insolita, con l’arcidiacono Stefano mostrante la maquette della chiesa. L’iconostasi è grandiosa, con elementi tipici del barocco.
La Chiesa, dedicata all’Annunciazione, conserva una parte del patrimonio del XVIII secolo: l’atto di donazione del 1799, i libri religiosi con le prime note dei donatori, le tre lampade d’argento del 1786, l’icona reale risalente al 1793. Vale la pena di menzionare un impressionante epitaffio lavorato in filo di seta del XIX secolo.